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INFORMAUTISMO N° 13 - ANNO 2006, gennaio-aprile

Storia di Luca e di diritti negati
(di Donata Vivanti)

Non si sa se Luca ha l’autismo, e non è dato di saperlo.
Di lui si sa che, orfano di madre a pochi mesi dalla nascita, è stato sottratto al padre, al calore degli affetti familiari e ad un’infanzia serena, a causa dei suoi comportamenti problematici e del castello di illazioni che sui suoi comportamenti è stato costruito.

Il Tribunale dei Minori ha decretato il suo internamento in “comunità terapeutica” all’età di sei anni. Oggi Luca ha 9 anni, e malgrado le battaglie condotte dal padre, dalla zia, da amici, associazioni di genitori ed esperti (non solo Autismo Italia, ma anche la SINPIA si è mobilitata per lui), continua a non avere una diagnosi attendibile, un programma, una sola prospettiva di un futuro al di fuori della comunità terapeutica, per sempre. La famiglia si era accorta, è vero, di un ritardo di sviluppo, ma l’aveva attributo alla precoce scomparsa della madre dalla vita del piccolo, e non aveva richiesto alcun intervento dei servizi socio-sanitari, arrangiandosi come meglio poteva a rispondere ai bisogni del bambino. Errori comprensibili, pagati troppo cari.

A scuola Luca non si adatta: iniziano i problemi di comportamento, e insegnanti di non rara incompetenza, rifiutando di riconoscere la propria inadeguatezza a rispondere ai bisogni educativi del bambino, partono lancia in resta, alla ricerca del colpevole. E siccome il colpevole non può essere la scuola, la colpa sarà senz’altro della famiglia. E se la madre non c’è più, il colpevole è di certo il padre, che invece di occuparsi del bambino a tempo pieno lo rifila a baby-sitter, per di più extracomunitarie, con l’egoistica pretesa di lavorare tutto il giorno. E segnalano il caso ai servizi sociali.

E così Luca viene scaraventato dalla padella di una scuola impreparata nella brace di servizi sociali quanto meno prevenuti, che non predispongono indagini diagnostiche, né programmi di supporto alla famiglia. Si rivolgono invece al Tribunale dei Minori con una relazione infarcita di pregiudizi e di teorie psicodinamiche raffazzonate, confortate da relazioni di cosiddetti esperti, e sottoscrivono la condanna di Luca ad un’infanzia senza diritti. La presunta “immaturità” psicologica del padre, che risulterebbe per questo inadeguato a farsi carico dei bisogni del bambino, viene evocata come motivazione dell’allontanamento di Luca dalla famiglia. Bizzarra motivazione a fronte della cronica mancanza di servizi per le persone con autismo, che per ragioni puramente economiche vengono per lo più abbandonate alle cure di genitori, anche se ormai anziani ed esausti, senza alcuna opportunità e prospettiva di una vita dignitosa.

Il Tribunale dei Minori, sulla base di perizie nebulose e inconcludenti (anche se si comincia a parlare di Autismo), decreta il ricovero del bambino in comunità terapeutica. Da un giorno all’altro, Luca viene portato via dal padre, dalla sua casa e dalla sua infanzia, senza poterne capire il perchè, per essere internato in una “comunità terapeutica”, che purtroppo di terapeutico non ha nulla.

Infatti di fronte ai comportamenti sempre più problematici del bambino, alla sua evidente regressione, che si manifesta ormai quotidianamente con “aggressività, enuresi notturna, insonnia”, i “terapisti” della comunità non sanno che pesci pigliare, ma si rifiutano, anche loro, di ammettere la propria inadeguatezza, e di prendere in considerazione i pareri espressi da psicologi e neuropsichiatri consultati dalla famiglia, tutti professionisti ben conosciuti per la loro esperienza da chiunque lavora nel campo dell’autismo.

Ma non basta. Attribuiscono i segni di regressione e i comportamenti di Luca - pur del tutto compatibili, per chiunque ne sa appena un po’ di autismo, con menomazioni nella sfera delle capacità sociali e della comunicazione - alla nefasta influenza delle visite del padre, ed ottengono dal Tribunale dei Minori una restrizione delle visite dei familiari. Così Luca viene privato dell’affetto paterno, al di fuori di un’ora al mese di visita, alla presenza degli assistenti sociali, del calore di una famiglia, e perfino di un regalino, di un uovo di Pasqua che il nonno cerca inutilmente di fargli avere. Queste sono le regole: Luca deve dimenticare di essere amato.

A nulla valgono gli appelli di neuropsichiatri autorevoli e di Autismo Italia al Tribunale dei Minori, perché a Luca siano riconosciuti i diritti fondamentali di ogni bambino e siano predisposti supporti alternativi all’internamento. Durante un colloquio presso il Tribunale dei Minori, il giudice onorario (uno psichiatra che affianca i giudici minorili presso il tribunale) deride i miei richiami alla Convenzione UNICEF per l’Infanzia e alla Carta Europea dei Diritti Sociali ( “non crederà davvero che qualcuno li rispetti?”) ed evoca cinicamente la retta percepita dalle comunità terapeutiche per ospitare i minori inviati dal Tribunale come spiegazione delle resistenze da parte della comunità a riconoscere la propria inadeguatezza (“ma lo sa quanto riceve la comunità? 200 Euro al giorno per ogni bambino…”).

Tutto questo non succede nel terzo mondo, ma in una delle regioni più ricche ed “evolute” d’Italia: la Lombardia.


NOTA: Questo articolo e' disponibile anche in formato PDF , cosi' come pubblicato nella rivista.

© Autismo Italia onlus


AUTISMO ITALIA
organizzazione di rappresentanza di Persone con Autismo, confluita nella Federazione Nazionale F.A.NT.A.SI.A.